Scheda XIII: Sexi, casa di "cà da basso"
Ultima modifica 5 agosto 2024
Su uno dei percorsi di mezzacosta che collegano Semorile con San Pantaleo si trova l’insediamento abbandonato di Sexi, costituito dai tre nuclei “ca da basso”, “ca di mezzo” e “ca d’alto”, illustrati in figura. Il più accessibile, quello “càda basso”, è costituito da una serie di case rurali, oggi fatiscenti, che si sviluppano senza soluzione di continuità lungo il sentiero che le affianca a nord.
Il nucleo di Sexi “càda basso” risale con probabilità al XVIII secolo, anche se non è esclusa una sua anteriorità per la vicinanza con la chiesa di Santa Maria Maddalena datata al 1629.
Dagli inizi del XVIII e specialmente dopo la metà del secolo, infatti, si registra la nascita di nuovi insediamenti rurali, ubicati di solito al di fuori dei principali percorsi e ad altitudine superiore a m 500. Il fenomeno fu dovuto a più fattori: l’incremento demografico dopo lo spopolamento causato dalla terribile pestilenza di metà Seicento; l’influenza del razionalismo illuminista che favorisce, attraverso la fondazione delle Società Economiche, nuove proposte di riforma atte a valorizzare la campagna; il miglioramento della produttività dei terreni per l’introduzione di nuove colture (mais, patata).
La ripresa dell’attività edilizia, specialmente di tipo abitativo, s’inquadra, quindi, nell’ambito di un movimento di riqualificazione della vita contadina di portata europea, modellato sull’esempio francese.
Gli edifici di tali insediamenti rurali sono costruiti da manodopera reperita direttamente sul posto utilizzando materiali locali, lavorati a spacco e messi in opera con poca malta.
Raramente le case d’abitazione raggiungono i due piani; ove possibile, sfruttano il pendio appoggiandosi a esso. Un certo rilievo e impegno architettonico è concesso alle aperture, di foggia molto varia, a volte costituite da grossi monoliti disposti a mòdi architravi su stipiti in conci: i cosiddetti portali “eulitici”, che hanno in passato attratto l’attenzione degli studiosi e sono stati recentemente oggetto di un riesame critico molto analitico da parte di Osvaldo Garbarino.
Portali simili nel territorio di Zoagli sono stati individuati a Semorile e Solaro (rappresentato in figura).
L’autore, che ha tenuto a battesimo il termine “eulitico” - preferito a “rustico” o “megalitico” perché evita l’equivoco di una considerazione in termini “minoritari”, “vernacolari” o “arcaici” del fenomeno – considera nel proprio lavoro l’ingresso della casa rurale di Sexi come esempio di “portale eulitico II”, nel quadro di una precisa tipologia che ha codificato lavorando su portali “eulitici” di varie regioni d’Europa.
Lo studioso sottolinea la mancata uniformità di diffusione del fenomeno e il fatto che i reperti risultano contenuti in limiti territoriali ben precisi, mai oltrepassati; questo dimostrerebbe che le pietre lavorate alla maniera “eulitica” furono in massima parte riutilizzate sul posto, prevalentemente nell’ambito di ristrutturazioni riguardanti le stesse case a cui già appartenevano. Quanto alla cronologia di tali strutture, Garbarino propone datazioni molto alte, dall’VIII al X secolo.
Lo studioso propone, a supporto della propria tesi, una serie di argomentazioni, la principale delle quali riguarda l’incisione di date su molte architravi “eulitiche” che risulta, in massima parte, aggiunta in epoche posteriori all’epoca della messa in opera dei manufatti.
Riportare il portale “eulitico” di Sexi, assieme alle altre decine reperibili nel Tigullio, all’epoca altomedioevale è un’ipotesi molto suggestiva che, tuttavia, rimane difficilmente dimostrabile. Sembra verosimile, piuttosto, l’antichità degli schemi e delle tipologie individuate dallo studioso, che si sarebbero mantenute inalterate per secoli.
Altri studiosi si concentrano sull’aspetto sociologico e semantico di tali manufatti piuttosto che su quello storico e artistico, sottolineando la doppia funzione del portale “eulitico” che, con o senza incisioni di simboli religiosi, identifica e protegge il luogo, la casa, la famiglia, l’ingresso come valore in sé. Tale è la doppia natura del portale: da una parte rinforza la bucatura sottolineandone la sua essenzialità architettonica e, in particolare, regge, mediante l’architrave, la facciata dell’edificio; dall’altra esprime con un minimo di materiale il valore dell’interazione tra spazio pubblico e spazio privato come fondamento della comunità. Il portale traduce tale fondamentale concetto in immagine, così come la porta urbica risulta immagine dell’autocoscienza cittadina.
Bibliografia
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O. Garbarino, Monaci, milites e coloni, De Ferrari, Genova, passim.
Redatto da: Silvia Vallini
Revisionato da: Colette Bozzo Dufour
Data: 22/2/2002